C’era una volta un vecchio Imperatore che, sentendo nell’aria la brezza di primavera, decise di condividere le sue molte responsabilità, regalando la libertà ai suoi territori, anche i più lontani, purché dessero garanzie di sopravvivenza autonoma e promettessero di essergli comunque fedeli in ogni circostanza.
Fu così che Principi e Monarchi furono indistintamente nominati “Dirigenti delle Terre Autonome”, mentre coloro che erano Responsabili del funzionamento di corti e forzieri diventarono “Direttori dei Servizi”.
Logicamente, i Dirigenti continuarono a ricevere lo stesso stipendio che avevano in precedenza come regnanti, mentre l’imperatore decise che i Direttori dovessero studiare un bel po’ e passare un esame prima di poter continuare a fare, sia pure con un nome diverso (più pomposo e altisonante, è vero, e proprio per questo più difficile da ricordare), lo stesso lavoro che facevano prima, cioè l’amministrazione dei servizi delle Terre Autonome.
Quando i Direttori chiesero che anche la loro busta paga tenesse in considerazione tutti gli anni in cui avevano lavorato al servizio di principi e monarchi in quelle che erano poi diventate le Terre Autonome (molti di loro avevano anche 24 o 25 anni di servizio reso sempre come Responsabili), l’Imperatore si innervosì per questa pretesa così assurda e giurò che né lui né i suoi discendenti avrebbero mai permesso una simile idiozia.
Allora i Direttori si rivolsero alle Corti di Giustizia, opponendosi all’iniqua decisione dell’imperatore: al principio alcuni giudici dettero loro ragione, ma man mano che il tempo passava tutti gli altri giudici dettero loro torto, ben conoscendo la ferma volontà dell’imperatore di non rimangiarsi le decisioni già prese.
Negli anni successivi (ne sono passati quasi venti dalla proclamazione dell’autonomia delle Terre) il pasticciaccio assunse contorni e colorazioni diverse: alcuni personaggi come il Gatto e la Volpe si dettero un gran da fare per aiutare i poveri Direttori a vedere riconosciuti gli anni di servizio prestati come Responsabili prima dell’autonomia, ma come è noto la loro vicinanza non era disinteressata, né fu proficua.
Capitò anche che l’Imperatore, spinto dalla necessità, assumesse dei nuovi Direttori, senza fare neppure un colloquio (e men che mai un esame) per vederli in faccia e senza pretendere particolari requisiti. Forse un po’ stanco, forse un po’ distratto, l’imperatore non si ricordò di come aveva trattato i vecchi Direttori (o finse di non ricordarsene o comunque non gliene fregò un emerito cappero), e decise di pagare i nuovi Direttori come se fossero sempre stati tali, bastava che avessero fatto qualsiasi tipo di lavoro onesto in qualsiasi parte delle Terre autonome, fosse anche nei sotterranei dei palazzi.
Dopo molti anni, ora che i Direttori più anziani hanno preso commiato e altri stanno per farlo, qualche volenteroso, dotato di fede incrollabile, prova di nuovo a rendere loro giustizia, appellandosi alla benevolenza della Somma Autorità, la stessa che finora li ha presi a pesci in faccia, negando l’evidenza ed evitando accuratamente qualsiasi riflessione sulle azioni che hanno portato alla creazione di figli e figliastri.
Riusciranno i nostri eroi a compiere l’impresa?
Lo speriamo ancora, nonostante tutto, perché la speranza, si sa, è l’ultima a morire, ma l’esperienza prova che è anche la prima ad ammalarsi.