Recentemente il Coordinamento Presidenti Consigli di Istituto del Friuli-Venezia Giulia ha preso (si fa per dire) carta e penna e ha scritto una lettera aperta alle autorità regionali per comunicare, molto semplicemente, che “Il mondo della scuola di ogni ordine e grado è al collasso”.
Dopo due anni di pandemia, prosegue la lettera, la storia non ha insegnato e le scuole, invece di fare quello che dovrebbero fare, cioè svolgere la loro funzione prioritaria che è quella didattica, “sono assorbite completamente dall’eccessiva richiesta che viene loro fatta: verifica positività, riorganizzazione del tempo scuola, gestione del servizio mensa, sostituzione personale assente a vario titolo, attivazione DAD, ecc.”. Un impegno gestionale e di responsabilità che viene definito “assurdo, incomprensibile e oltremodo gravoso”.
Obbligate a seguire le procedure di testing, tracciamento dei contagi, gestione isolamenti e quarantene, certificati di guarigione e altro, le Scuole fanno da tramite tra famiglie e Aziende Sanitarie, anzi “le Scuole sono divenute di fatto le succursali delle Aziende Sanitarie, sono diventate gli unici sportelli sul territorio aperti h24 al fianco delle famiglie.”
Occorre semplificare, affermano i Presidenti dei Consigli di Istituto, e occorre coinvolgere i diretti interessati: “sarebbe stato auspicabile che, in momenti come quello attuale, le Scuole venissero interpellate e coinvolte in tavoli operativi anche settimanali, dove poter portare criticità e contributi per affrontare al meglio gli scenari che variano al crescere dei contagi, invece, ancora una volta, sono state abbandonate.”
A farne le spese sono proprio coloro i quali dovrebbero invece essere in cima ai pensieri dei decisori politici: “Ancora una volta – concludono i Presidenti - bambini e ragazzi pagano un prezzo altissimo a causa di questa emergenza sanitaria. La Scuola è un luogo sicuro dove stanno bambini e ragazzi, facciamo in modo che la scuola possa tornare a essere Scuola e a Fare Scuola nelle migliori condizioni possibili!”
Ora, non è tanto importante cercare elementi di novità in questa lettera, che riassume compiutamente una situazione purtroppo nota, più volte denunciata e talmente assodata da diventare quasi banale, né è importante cercare di capire perché la lettera sia stata rivolta ai vertici dell’Ente Territoriale Regionale (anziché all’Ufficio Scolastico Regionale o direttamente al Ministro dell’Istruzione), il quale non ha tardato a precisare che le preoccupazioni sono condivisibili ma le direttive sono statali. Non possiamo farci niente, cioè.
Quello che conta, in questo caso, è che si sono mossi i Presidenti dei Consigli di Istituto, di quell’organo collegiale, cioè, per il quale da molto tempo e molte parti si intona il requiem perché considerato fuori luogo, fuori tempo, fuori uso, fuori moda.
Invece ora che c’è bisogno di una voce forte, perché la misura è colma, ecco che si muove la rappresentanza più rappresentativa e nello stesso tempo meno autorevole dell’istituzione scolastica: quel Consiglio in cui il Dirigente scolastico è componente di diritto e in cui vengono eletti i rappresentanti di tutte le componenti dell’istituzione stessa: docenti, genitori, personale ATA e studenti, quel Consiglio che è presieduto da un genitore perché nella scuola, con la scuola e per la scuola, le famiglie sono importanti e, quando serve, ci sono.
Non sarà questa lettera a frenare l’avanzata della dilagante “pandemia burocratica”, né ad invertire il lento e strutturale declino degli organi collegiali, ma è un’iniziativa, un gesto, un esempio, nel suo piccolo, di quel semplice e immenso “se serve, ci sono” di cui l’altro giorno siamo stati tutti interessati testimoni.
E se questo è il modo per dimostrare che le istituzioni sono importanti, si può ancora sperare davvero che, grazie a chi c’è quando serve, la Scuola Torni a fare la Scuola.