Sinergie di Scuola

Nel primo giorno di apertura delle iscrizioni on-line la piattaforma UNICA è andata in tilt, benché il MIM si sia affrettato a precisare che non fosse vero, ma che si era solo formato un apparente rallentamento a causa dell’elevato numero di domande. Prevedibilissimo, sia da parte dei genitori che il 21 gennaio si sono lanciati a capofitto sulla piattaforma digitale, come se non ci fossero altri venti giorni utili per iscrivere i figli a scuola, sia da parte del MIM, che avrebbe potuto predisporre uno strumento in grado di reggere fin da subito i flussi di accesso alla rete, sapendo già, in linea di massima, quanti studenti sono attesi alla scuola dell’obbligo.

In realtà UNICA, pur lontana anni luce dall’approccio furbescamente allusivo di AMICA (la fu “Amministrazione integrata contabilità” del SIDI), si presenta, come tutte le piattaforme, con un’interfaccia semplificata e integrata alla cui base c’è un meccanismo federato e cooperativo molto complesso e di conseguenza molto delicato.

Se può sembrare un guaio l’inceppamento iniziale di UNICA, non si dimentichi che nell’estate scorsa l’aggiornamento di un banale software causò ritardi in tutti gli aeroporti del mondo e la cancellazione di circa 3.500 voli aerei a livello globale, ma in casi del genere soffrire di un male comune non suscita il minimo gaudio, anzi. Aver a che fare con un software, o una piattaforma, o una rete che non gira, non funziona e non è performante rispetto alle esigenze e soprattutto agli obblighi degli utilizzatori, è snervante e diametralmente opposto al principio del risultato previsto per legge.

Lo sanno bene gli abitanti delle Segreterie scolastiche, che affrontano il lavoro con la necessità di correre più veloci delle scadenze che li inseguono di giorno e delle innovazioni che popolano i loro incubi di notte, con particolare riferimento all’attuale Codice dei contratti e alle sue proteiformi modifiche.

Non passa quasi giorno che non ci sia qualche disposizione integrativa e correttiva (D.Lgs. 209 del 31/12/2024) che richieda a sua volta ulteriori ritocchi con qualche Legge di bilancio, qualche nuova e rivoluzionaria applicazione di una norma travagliata come il CAD (D.Lgs. 82 del 7/03/2005) che impone una gestione nativamente digitale della PA e delle sue attività, prima fra tutte l’attività negoziale, qualche nuova piattaforma che ne connette delle altre e si inserisce, sostituendole, nel roveto degli adempimenti (PAD, PCP, BDNCP).

Il tutto con l’offerta di una formazione prevalentemente focalizzata sulla didattica, che spazia dal coding alla robotica educativa, dalle metodologie didattiche innovative all’intelligenza artificiale, senza che a nessuno venga in mente di spiegare come si prende un CIG su MePA e perché, nonostante si compilino con cura tutti i campi richiesti, la piattaforma spesso risponde “Errore, Errore Reg, Errore Auto, Correggi gli errori, Risottometti la richiesta”, quando non si scusa per l’eventuale disagio, dato che “l’interfaccia web della Piattaforma Contratti Pubblici (PCP) risulta temporaneamente indisponibile a causa di attività di manutenzione straordinaria...”.

Mai una volta che manchi la luce in questo paese, diceva alcuni anni fa un anziano collega che si accostava alla transizione digitale con lo stesso spirito con il quale avrebbe affrontato una transizione di genere.

L’obbligo di qualificazione delle stazioni appaltanti (1° luglio 2023) per i contratti di valore superiore a 140mila euro, combinato l’obbligo dell’intero ciclo di vita dei contratti interamente digitale (1° gennaio 2024), ha infatti dato il via alla tempesta perfetta per le scuole che hanno volumi di attività negoziale di una certa rilevanza per attività e progetti di particolare significato didattico.

Se l’uso obbligatorio delle piattaforme digitali certificate anche per i cd. micro-acquisti (inferiori a 5.000 euro) sembra sostanzialmente asseverato benché, tra una proroga e l’altra, sia stato comunque rinviato al 1° luglio 2025, per la qualificazione delle stazioni appaltanti, prevista da luglio 2023, non si è mossa una foglia prima di fine febbraio 2024, quando l’ANAC, su sollecitazione del MIM, comunicava di aver «riconosciuto la possibilità, per gli Istituti scolastici, di procedere autonomamente fino al 30 settembre 2024 all’acquisizione dei CIG» per viaggi di istruzione, stage linguistici, scambi culturali e per le concessioni di distributori automatici «indipendentemente dalla qualificazione posseduta e dal valore degli affidamenti», e sollecitava a sua volta «il Ministero della Istruzione ad individuare sin d’ora le soluzioni più idonee per agevolare gli Istituti scolastici nell’affidamento di detti servizi nel corso dei prossimi anni scolastici, anche attraverso il coinvolgimento degli Uffici Scolastici Regionali [...]».

Scaduta la prima proroga senza alcuna altra soluzione in vista, l’ANAC, con nota del 9/12/2024, rinnovava la proroga fino al 31 maggio 2025 alle stesse condizioni del febbraio precedente, limitandola però a viaggi di istruzione, stage linguistici e scambi culturali di importo superiore a 140mila euro (le concessioni di distributori automatici si sono nel frattempo perse per strada, ma sappiamo che il caffè è una concessione ed è optional).

La parte interessante è il contenuto della nota – riferita da ANAC – con la quale il MIM rappresenta le difficoltà delle Istituzioni scolastiche evidenziando che:

  1. le criticità del sistema e la peculiarità della problematica, anche in ragione del fatto che la mission degli Istituti scolastici è molto distante da quelle cui l’attività di acquisizione di beni e servizi è strettamente funzionale; [tradotto: il MIM esplicita che la scuola dovrebbe occuparsi di didattica e non di acquisti]
  2. la difficoltà a ricorrere a soggetti terzi [...] considerato l’elevato numero di istanze e le caratteristiche dei servizi oggetto delle medesime, che richiedono una conoscenza dello specifico contesto scolastico di riferimento e competenze in materia di istruzione e didattica; [tradotto: solo la scuola sa che cosa serve alla scuola]
  3. il Ministero ha avviato un processo di riorganizzazione e valorizzazione degli Uffici Scolastici Regionali (USR), individuandoli quali stazioni appaltanti [...] [tradotto: i 18 USR, opportunamente riorganizzati e con la carica di 101 nuove unità di personale amministrativo da assumere, avranno tutte le carte in regola per diventare stazioni appaltanti qualificate e occuparsi degli acquisti per conto delle scuole]

Per evitare che il problema si ripresenti anche nell’anno scolastico 2025/2026, nella stessa nota l’ANAC chiede nuovamente al MIM di procedere alla riforma nei tempi programmati e raccomanda di individuare «soluzioni medio tempore» qualora la riorganizzazione degli «Uffici Scolastici Regionali chiamati a diventare stazioni appaltanti per gli affidamenti e acquisti delle scuole, non si compia nei tempi stabiliti». O non si riveli inadeguata, dato che 101 funzionari a livello nazionale non potranno fare miracoli: l’USR Lombardia, ad esempio, potrebbe doversi occupare di 400 gare all’anno e l’USR Friuli Venezia Giulia, che ha 49 dipendenti con una pianta organica di 135 unità, suggerisce come possibile soluzione quella di mettere in rete più scuole, utilizzando uno strumento previsto e ribadito da più fonti normative e ottimo per didattica, ricerca e sperimentazione, ma scarsamente applicato in ambito amministrativo, se non altro perché ogni scuola fatica già abbastanza per conto proprio.

Nel frattempo, un percorso semplice, rapido, a costo zero e assolutamente efficace è quello individuato da ANQUAP, che scrive a MIM ed ANAC analizzando le possibili criticità degli escamotage fin qui adottati (deroga) o previsti (USR stazione appaltante qualificata) e proponendo «una modifica legislativa che consenta alle Istituzioni scolastiche di gestire ogni viaggio o uscita come una singola attività negoziale».

Se lo dice anche il MIM, che la mission degli Istituti scolastici non è esattamente l’acquisto di beni e servizi, perché non crederci e comportarsi di conseguenza?

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