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Un dipendente scolastico ha erroneamente percepito un compenso. Cosa deve fare la scuola per recuperare le somme corrisposte?

 

Le azioni concernenti il recupero delle somme indebitamente corrisposte al pubblico dipendente assumono rilevanza sotto il profilo della doverosità, poiché la Pubblica Amministrazione non esercita alcuna discrezionalità, trattandosi di tutela di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale.

La corretta qualificazione della fattispecie in esame non può prescindere dall’individuazione dell’indebito oggettivo. A tal fine, l’art. 2033 del codice civile rubricato “Indebito oggettivo” recita: «Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda». Quindi, il presupposto oggettivo è quello del pagamento non dovuto, quello di una prestazione compiuta senza titolo giuridico, per mancanza di titolo giuridico o illiceità della causa solvendi, originaria o sopravvenuta nel tempo.

Obbligo di denuncia

Altra questione rilevante riguarda il presupposto in relazione al quale insorge l’obbligo di denuncia. Tale obbligo scaturisce dal verificarsi di un fatto dannoso per la finanza pubblica. Il fatto dannoso non è costituito dal solo comportamento illecito, ma è comprensivo dell’evento, e coincide con l’effettivo pregiudizio al patrimonio della P.A.; nei casi di danno non patrimoniale, può anche coincidere con la lesione dell’immagine di cui è titolare la P.A. danneggiata.

L’obbligo è altresì legato alla conoscenza o alla possibilità di conoscenza dei presunti fatti dannosi, attraverso l’uso della ordinaria diligenza professionale, che può essere pretesa dal soggetto obbligato (il pubblico dipendente o l’incaricato di un pubblico servizio o l’esercente di un’attività di pubblico interesse), in considerazione della qualifica e delle funzioni concretamente espletate.

Obbligo di recupero

In ordine alla doverosità dell’azione di recupero da parte della P.A., il consolidato indirizzo giurisprudenziale considera, quale atto dovuto, l’esercizio del diritto-dovere dell’Amministrazione di recuperare le somme indebitamente corrisposte ai pubblici dipendenti.

Il recupero di tali somme costituisce il risultato di una attività amministrativa, di verifica, di controllo, priva di valenza provvedimentale. In tali ipotesi l’interesse pubblico è in re ipsa e non richiede specifica motivazione. Infatti, a prescindere dal tempo trascorso, l’oggetto del recupero produce di per sé un danno all’Amministrazione, consistente nell’esborso di denaro pubblico senza titolo e un vantaggio ingiustificato per il dipendente.

Si tratta dunque di un atto dovuto che non lascia all’Amministrazione alcuna valutazione discrezionale (facultas agendi) e, anzi, il mancato recupero delle somme illegittimamente erogate si configura quale danno erariale nei confronti di colui che tale recupero non abbia disposto.

Il solo temperamento ammesso è costituito dalla regola per cui le modalità di recupero non devono essere eccessivamente onerose, in relazione alle condizioni di vita del debitore (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 9/06/2014, n. 2902; Cons. di Stato, Sez. III, 28/10/2013, n. 5173).

Inoltre, ove si consideri l’eventuale buona fede del dipendente, la stessa, secondo il predetto orientamento giurisprudenziale, non può essere considerata di ostacolo all’esercizio del potere-dovere di recupero, per cui l’Amministrazione non è tenuta a fornire un’ulteriore motivazione sull’elemento soggettivo riconducibile all’interessato.

Pertanto, le eventuali doglianze circa la percezione in buona fede delle somme da parte del dipendente sono da considerarsi recessive rispetto alla facoltà di autotutela amministrativa sotto il profilo della considerazione del tempo trascorso e dell’affidamento maturato in capo agli interessati. È sufficiente che l’Amministrazione chiarisca le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto a quel determinato beneficio.

Termine per l’esercizio del recupero

Un significativo profilo giuridico riguarda il termine per l’esercizio dell’azione di recupero da parte della P.A. Il costante orientamento della giurisprudenza rileva che «l’azione di recupero di somme indebitamente corrisposte al pubblico dipendente da parte della pubblica amministrazione è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946, c.c., e non a quella quinquennale prevista dall’art. 2948, c.c., non potendosi far rientrare tale fattispecie fra le ipotesi espressamente contemplate in quest’ultima norma» (cfr., ex multis, Cons. di Stato, Sez. VI, 20/09/2012, n. 4989). Il diritto alla ripetizione dell’indebito da parte della P.A., a norma dell’art. 2946 c.c., quindi, è soggetto a prescrizione ordinaria decennale il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 23/11/2010, n. 24418, hanno statuito che la ripetizione dell’indebito oggettivo, essendo azione tesa a ripristinare l’equilibrio tra le posizioni di due contraenti, leso dal mancato rispetto del vincolo sinallagmatico tra le prestazioni, è soggetta al termine di prescrizionale decennale. In altri termini, la diversità della posizione del lavoratore che può agire per ottenere quanto dovuto per le proprie prestazioni nel termine di cinque anni (previsto dall’art. 2948 c.c.) per i pagamenti periodici è ben diversa rispetto a quella in cui lo stesso dipendente abbia attenuto somme non dovute, il che giustifica l’applicazione del diverso regime della prescrizione ordinaria decennale.

Come determinare l’importo

Ultima, ma non meno significativa considerazione può essere affrontata in merito alla determinazione dell’importo del recupero. Anche in questo caso, l’orientamento prevalente della giurisprudenza conferma che il recupero dell’indebito debba essere operato al netto di contributi e delle imposte versate. Il principio che sottende alla citata regola è quello di non poter chiedere ad un soggetto (colui che ha percepito l’indebito) quanto non è mai entrato a far parte della sua sfera patrimoniale. Ne consegue che la P.A., nel procedere al recupero di somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, deve effettuare tale recupero al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali.

La ripetizione dell’indebito nei confronti del dipendente riguarda le sole somme effettivamente “pagate” (ex art. 2033 c.c.) a quest’ultimo e da lui effettivamente percepite in eccesso, vale a dire quanto e solo quanto effettivamente sia entrato nella sfera patrimoniale del dipendente (Cons. di Stato, Sez. VI, 2/03/2009, n. 1164).

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