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Con l'entrata in vigore della legge 190 del 2012, l'Italia si è dotata di un sistema organico di prevenzione della corruzione che prevede, fra le misure da adottare, l'introduzione nel nostro ordinamento di un sistema di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, c.d. whistleblower (art. 54-bis del decreto legislativo 165 del 2001).

In tale quadro, è proficua la  collaborazione con Transparency International Italia che in materia di whistleblowing aveva già avviato il progetto promosso dalla Commissione europea, declinato per la parte italiana come "vedette civiche", con la partnership istituzionale del Dipartimento della funzione pubblica.

Ma in cosa consiste esattamente il whistleblowing? La risposta in alcune faq pubblicate dal Dipartimento della Funzione Pubblica.

Cos’è il whistleblowing e chi è un whistleblower?

Il whistleblower è chi testimonia un illecito o un’irregolarità sul luogo di lavoro, durante lo svolgimento delle proprie mansioni, e decide di segnalarlo a una persona o un’autorità che possa agire efficacemente al riguardo. Pur rischiando personalmente atti di ritorsione a causa della segnalazione, egli svolge un ruolo di interesse pubblico, dando conoscenza, se possibile tempestiva, di problemi o pericoli all’ente di appartenenza o alla comunità. Il whistleblowing consiste nelle attività di regolamentazione delle procedure volte a incentivare e proteggere tali segnalazioni.

Quali sono i fatti/atti che possono essere oggetto di una segnalazione?

Non esiste una lista tassativa di reati o irregolarità che possono costituire l’oggetto del whistleblowing. Vengono considerate rilevanti le segnalazioni che riguardano comportamenti, rischi, reati o irregolarità a danno dell’interesse pubblico. Il whistleblowing non riguarda le lamentele di carattere personale del segnalante, solitamente disciplinate da altre procedure.

Chi deve essere preposto alla ricezione e/o alla gestione delle segnalazioni?

Per garantire tempestività di azione ed evitare la “fuoriuscita” incontrollata di segnalazioni in grado di compromettere l’immagine dell’ente è preferibile che sia preposto a ricevere le segnalazioni un organo o una persona interna. Caratteristiche essenziali per questo soggetto sono la sua indipendenza (economica e funzionale) nei confronti di altre figure interne nonché la terzietà nei confronti dell’oggetto delle segnalazioni e dei soggetti coinvolti da queste.

Come si bilanciano l’interesse pubblico e i diritti individuali, in particolare la privacy?

Funzione primaria della segnalazione è quella di portare all’attenzione dell’organismo preposto i possibili rischi di illecito o negligenza di cui si è venuti a conoscenza: la segnalazione è quindi prima di tutto uno strumento preventivo. Se la segnalazione è sufficientemente qualificata e completa, potrà essere verificata tempestivamente e con facilità, portando in caso di effettivo rischio o illecito all’avviamento di procedimenti disciplinari.

Come vengono regolate in Italia le segnalazioni?

Ogni organizzazione può decidere se adottare o meno una procedura. Nella maggior parte dei casi non esistono linee guida specifiche e il dipendente si trova di fronte a tre possibili scelte: segnalare internamente a un organo ritenuto idoneo, segnalare alla magistratura o, come spesso accade, rimanere in silenzio.

In Italia esiste un articolo del codice penale (art. 361, Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) che imporrebbe sanzioni per il pubblico ufficiale che non denuncia reati di cui sia venuto a conoscenza durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma tale norma è scarsamente applicata.

La Legge 190/2012 (cd. legge anticorruzione) contiene un comma specifico sul whistleblowing nel settore pubblico (comma 51, Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti).

Le segnalazioni di reati non dovrebbero essere fatte alla magistratura?

Lo scopo principale del whistleblowing è quello di prevenire o risolvere un problema internamente e tempestivamente.

Denunciare alla magistratura implica che l’attività criminale è già stata compiuta e viene dunque a mancare il presupposto della prevenzione. Inoltre i tempi necessari all’Autorità giudiziaria per le attività di accertamento non consentirebbero di rispettare neppure la caratteristica della tempestività.

Si deve per forza conoscere il mittente della segnalazione?

No, oltre alla segnalazione aperta si possono ammettere segnalazioni riservate (identità del segnalante conosciuta solo da chi riceve la segnalazione). Sono entrambe preferibili a quelle anonime, la cui problematica maggiore è che, se incomplete e poco dettagliate, può divenire difficile approfondirle. Le procedure di whistleblowing funzionano solo se il soggetto preposto riceve segnalazioni precise e complete verificabili senza ledere i diritti, anche alla privacy, del soggetto segnalato.

Come ci si comporta con le segnalazioni anonime?

E’ importante ammettere l’anonimato per tre motivi: il contesto culturale restio alla segnalazione di comportamenti altrui; la segnalazione ha la sola funzione di allerta, è l’ente a dover poi approfondire, accertare e verificare; esistono strumenti informatici che consentono il dialogo con il segnalante in modo anonimo.

Non si corre il rischio di ricevere un numero eccessivo di segnalazioni?

Al fine di scoraggiare la cosiddetta “pioggia di segnalazioni” non rilevanti e non circostanziate, è sufficiente la redazione di una procedura precisa, in cui siano specificate le situazioni che rientrano nella casistica accettata (reati, atti, fatti o rischi a danno dell’interesse pubblico). La procedura deve anche inoltre stabilire che le segnalazioni anonime saranno analizzate solamente se sufficientemente dettagliate e circostanziate. Assume quindi assoluta rilevanza l’attività di comunicazione interna sugli scopi e il funzionamento della procedura.

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